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Scheda Articolo
Codice articolo | 431625 |
Genere Musicale | Grunge |
Esclusiva EMP | No |
Media - Formato 1-3 | CD |
Tema | Band |
Band | Chris Cornell |
Tipologia prodotto | CD |
Data di pubblicazione | 29/06/2007 |
da Marcel Anders (26.07.07) L'avventura con gli Audioslave è terminata proprio sul più bello: l'eccellente "Revelations" finalmente metteva in luce tutte le potenzialità della fusione tra i funambolismi di Tom Morello e la voce di Chris Cornell. Peccato. Non resta che seguire le prossime mosse degli ex Rage Against The Machine e dell'ex Soundgarden, che del resto torna subito in pista con il suo secondo lavoro solista. "Euphoria morning" non aveva avuto un'accoglienza straordinaria, eppure conteneva dei pezzi destinati a resistere all'usura del tempo, in più di un'occasione fortemente influenzati dall'anima di Jeff Buckley, grande amico di Cornell, cui l'ex Soundgarden dedicava "Wave goodbye". Un'influenza decisa anche sul modo di cantare, ma questa in fondo è un'altra storia. O forse no, dato che uno dei musicisti che accompagna Cornell in questa sua seconda avventura solista è Gary Lucas, corresponsabile della magia di "Grace". "Carry on" ci presenta un artista in forma, che mostra tutto il proprio eclettismo attraverso un percorso fatto di emozioni e sferzate di energia, i cui esempi più riusciti sono senza dubbio l'apertura dell'album e la già nota "You know my name" : il riff di 'No Such Thing' e le atmosfere bondiane di quello che è il miglior tema per 007 dai tempi di "Live and let die" sono i più efficaci nel lasciare un'impressione incisiva nelle orecchie e nell'anima dell'ascoltatore. La cosa che forse farà più felici i fan di lunga data, forse, è il ritorno - seppur sporadico - a atmosfere tipicamente Soundgarden, come in "Your soul today" (chorus a parte) o in "Poison eye", che ci riporta al sottovalutato "Down on the upside", canto del cigno della band di Seattle. Ma non mancano i momenti "buckleyani": la splendida interpretazione in "Safe and sound" dimostra come sia profondamente limitante considerare Cornell un cantante hard rock e lo stravolgimento blues cui è sottoposta "Billie Jean", d'altra parte, non è che l'estremizzazione di quanto già lasciato intravedere nell'oscura "Fell on black days". Subito dopo, squarci di luce in "Scar in the sky", sorta di risposta per contrappsso a "Black hole sun". Finale leggermente sottotono, segno che forse si sarebbe potuto fare a meno di due o tre pezzi, ma in fondo è un dettaglio. Alla fine le reazioni di fronte alle cangianti atmosfere di "Carry on" possono essere sostanzialmente due: interpretare la varietà come fatto positivo e segnale di creatività, oppure prenderlo come forma di indecisione. Futuro rock o cantautoriale? La verità, visti i risultati, può tranquillamente rimanere nel mezzo.
da Giovanni Garbo (21.01.2008) L'avventura con gli Audioslave è terminata proprio sul più bello: l'eccellente "Revelations" finalmente metteva in luce tutte le potenzialità della fusione tra i funambolismi di Tom Morello e la voce di Chris Cornell. Peccato. Non resta che seguire le prossime mosse degli ex Rage Against The Machine e dell'ex Soundgarden, che del resto torna subito in pista con il suo secondo lavoro solista. "Euphoria morning" non aveva avuto un'accoglienza straordinaria, eppure conteneva dei pezzi destinati a resistere all'usura del tempo, in più di un'occasione fortemente influenzati dall'anima di Jeff Buckley, grande amico di Cornell, cui l'ex Soundgarden dedicava "Wave goodbye". Un'influenza decisa anche sul modo di cantare, ma questa in fondo è un'altra storia. O forse no, dato che uno dei musicisti che accompagna Cornell in questa sua seconda avventura solista è Gary Lucas, corresponsabile della magia di "Grace". "Carry on" ci presenta un artista in forma, che mostra tutto il proprio eclettismo attraverso un percorso fatto di emozioni e sferzate di energia, i cui esempi più riusciti sono senza dubbio l'apertura dell'album e la già nota "You know my name" : il riff di 'No Such Thing' e le atmosfere bondiane di quello che è il miglior tema per 007 dai tempi di "Live and let die" sono i più efficaci nel lasciare un'impressione incisiva nelle orecchie e nell'anima dell'ascoltatore. La cosa che forse farà più felici i fan di lunga data, forse, è il ritorno - seppur sporadico - a atmosfere tipicamente Soundgarden, come in "Your soul today" (chorus a parte) o in "Poison eye", che ci riporta al sottovalutato "Down on the upside", canto del cigno della band di Seattle. Ma non mancano i momenti "buckleyani": la splendida interpretazione in "Safe and sound" dimostra come sia profondamente limitante considerare Cornell un cantante hard rock e lo stravolgimento blues cui è sottoposta "Billie Jean", d'altra parte, non è che l'estremizzazione di quanto già lasciato intravedere nell'oscura "Fell on black days". Subito dopo, squarci di luce in "Scar in the sky", sorta di risposta per contrappsso a "Black hole sun". Finale leggermente sottotono, segno che forse si sarebbe potuto fare a meno di due o tre pezzi, ma in fondo è un dettaglio. Alla fine le reazioni di fronte alle cangianti atmosfere di "Carry on" possono essere sostanzialmente due: interpretare la varietà come fatto positivo e segnale di creatività, oppure prenderlo come forma di indecisione. Futuro rock o cantautoriale? La verità, visti i risultati, può tranquillamente rimanere nel mezzo.