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Codice articolo | 431627 |
Titolo | Eat Me, Drink Me |
Genere Musicale | Industrial |
Tema | Band |
Band | Marilyn Manson |
Data di pubblicazione | 01/06/2007 |
Tipologia prodotto | CD |
Media - Formato 1-3 | CD |
CD 1
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1.If I was your vampire
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2.Putting holes in happiness
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3.The red carpet grave
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4.They said that hell´s not hot
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5.Just a car crash away
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6.Heart-shaped glasses (When the heart guides the hand)
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7.Evidence
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8.Are you the rabbit?
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9.Mutilation is the most sincere form of flattery
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10.You and me and the devil makes 3
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11.Eat me, drink me
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12.Heart-shaped glasses (When the heart guides the hand)(inhuman remix)
da Samuele Rudelli (14.07.2007) Chi l’avrebbe detto che quello che sembrava il classico fenomeno da baraccone mediatico, basato più sulle strategie di marketing shock che sui contenuti, sarebbe stato capace di riciclarsi e reinventarsi così tante volte? E invece ecco Marylin Manson riaffacciarsi sul mercato musicale, ancora una volta sterzando in maniera decisa rispetto all’album precedente e in generale a quanto prodotto in passato. Questo "Eat me, drink me" è un susseguirsi di canzoni lente e sofferte, piene di una melodia dolente e raramente piaciona (a parte forse nel singolo "Heart-Shaped glasses"), in generale permeata di una cupezza decadente. Le tematiche sono sempre piuttosto morbose e disturbate, ma mancano le sferzate, le esplosioni di ira e in generale la componente più aggressiva del suono passato, con solo qualche richiamo nel finale alle tipiche marcette distorte, in "Are you the rabbit?" e "Mutilation is the most sincere form of flattery". Ma rispetto a "Mechanical animals", dove pure la componente violenta era quasi assente, qui non c’è follia solare e colorata, ma cupezza notturna e grigia, che prevale lungo tutti i brani. Il disco procede quindi lento e depresso, tra il dark classico dei Cure e qualche ipnotismo alla Tool - certo filtrato dall’approccio semplice e diretto che è sempre stato uno dei marchi di fabbrica del reverendo. Insomma il camaleonte Manson ci mostra una nuova pelle, riuscendo una volta di più a prendere in contropiede e a spiazzare, producendo sempre musica di buon livello che riesce a veicolare qualcosa di diverso ad un ampio spettro di ascoltatori.
da Samuele Rudelli (21.01.2008) Chi l’avrebbe detto che quello che sembrava il classico fenomeno da baraccone mediatico, basato più sulle strategie di marketing shock che sui contenuti, sarebbe stato capace di riciclarsi e reinventarsi così tante volte? E invece ecco Marylin Manson riaffacciarsi sul mercato musicale, ancora una volta sterzando in maniera decisa rispetto all’album precedente e in generale a quanto prodotto in passato. Questo "Eat me, drink me" è un susseguirsi di canzoni lente e sofferte, piene di una melodia dolente e raramente piaciona (a parte forse nel singolo "Heart-Shaped glasses"), in generale permeata di una cupezza decadente. Le tematiche sono sempre piuttosto morbose e disturbate, ma mancano le sferzate, le esplosioni di ira e in generale la componente più aggressiva del suono passato, con solo qualche richiamo nel finale alle tipiche marcette distorte, in "Are you the rabbit?" e "Mutilation is the most sincere form of flattery". Ma rispetto a "Mechanical animals", dove pure la componente violenta era quasi assente, qui non c’è follia solare e colorata, ma cupezza notturna e grigia, che prevale lungo tutti i brani. Il disco procede quindi lento e depresso, tra il dark classico dei Cure e qualche ipnotismo alla Tool - certo filtrato dall’approccio semplice e diretto che è sempre stato uno dei marchi di fabbrica del reverendo. Insomma il camaleonte Manson ci mostra una nuova pelle, riuscendo una volta di più a prendere in contropiede e a spiazzare, producendo sempre musica di buon livello che riesce a veicolare qualcosa di diverso ad un ampio spettro di ascoltatori.